Affidati alla professionalità dello psicologo Dott. Fabrizio De Angelis e al metodo consolidato della Terapia Breve Strategica per risolvere e curare ogni tipologia di shopping compulsivo. Fissa un appuntamento presso lo studio di Terni per valutare l'entità del problema e cercare di risolverlo velocemente.
Non stiamo parlando di qualcosa di totalmente nuovo, visto che già nel 1915 Emil Kraepelin aveva descritto casi di una malattia da lui definita “oniomania”, ovvero la mania di comprare di tutto seguendo un impulso incontenibile.
Secondo uno studio efettuato da Christenson (1994), i pazienti con DOC riconoscono le loro ossessioni o compulsioni come indesiderabili, mentre i soggetti che presentano lo shopping compulsivo, descrivono lo shopping, almeno all'inizio, come divertente, eccitante e desiderabile. Solo con il passare del tempo cominciano a provare imbarazzo, vergogna e sensi di colpa. Questo è in linea con la logica secondo cui è il piacere dato inizialmente dall'acquistare, e non tanto il bisogno di eliminare una sensazione spiacevole, a portare gradualmente la persona a non poterne fare più a meno. Se questo è già vero nello shopping compulsivo non mediato da Internet, ancora più lo sarà nel caso in cui la rete faciliti e amplifichi le possibilità di godersi l'atto dell'acquistare. Tutto ciò che serve è una carta di credito valida e l'acquirente potrà catapultarsi in qualunque centro commerciale del mondo, frugare incuriosito tra le offerte senza essere visto da nessuno e senza doversi vergognare.
La scelta dei prodotti è unica al mondo, perchè è proprio tra le vetrine del mondo che avviene l'offerta. La fatica è minima, basta prendere un po' di dimestichezza con lo strumento. L'entusiasmo e l'eccitazione possono raggiungere i massimi livelli e il piacere raggiunto viene amplificato da Internet che, ancora una volta, svolge il ruolo disinibitore che già precedentemente abbiamo sottolineato.
I pacchi verranno recapitati a casa, e non importa quanto inutili siano gli oggetti acquistati: il piacere consiste in tutto ciò che precede questo momento.
Questo tipo di meccanismo appartiene sia a chi scopre per la prima volta il piacere dell'acquisto grazie alla facilità di accesso ai servizi fornita da internet, sia a colui che, già intrappolato nel quotidiano all'interno di questa “perversione”, scopre in Internet un nuovo e ancor più piacevole mezzo per godersi lo shopping.
Ciò che spinge, a questo punto, all'ammissione del problema da parte di chi ne soffre, non è tanto il tempo speso on-line o l'importanza e quantità delle cose trascurate in sua funzione, ma il sostenerlo economicamente.
Prosciugato il proprio conto corrente, magari anche ricorsi al fido e a prestiti ottenuti qua e là, subentrano disagio e vergogna, talvolta anche un profondo senso di colpa nei confronti dei propri familiari.
Proprio la famiglia, infatti, tenta solitamente un primo intervento, inizialmente fatto di richieste incessanti di smettere, mettendo il soggetto davanti a conseguenze negative da lui stesso create e che hanno avuto ripercussioni sull'intero sistema familiare. Questo può sicuramente servire ad accrescere il senso di colpa....ma non a risolvere il problema in questione. Di fronte al perseverare del soggetto, la famiglia può passare a maniere più forti, per esmpio mettere sotto controllo i movimenti bancari dello “shopper”, requisirgli le carte di credito, evitare di fornirgli qualunque somma di denaro, fino ad arrivare, talvolta, a togliere di mezzo lo strumento “tentatore”, ossia il computer.
Il conflitto e la lite, a questo punto, divengono ingestibili: a ogni tentativo della famiglia di tamponare la situazione corrisponde un tentativo del soggetto di trovare una scappatoia ( Nardone-Cagnoni 2002).
Grazie a un protocollo specifico di trattamento messo a punto dal Professor Nardone e dai suoi collaboratori, è possibile liberare in tempi brevi le persone invalidate da tale problematica, liberandole dal demone che si era impossessato della loro volontà e riconsegnando nelle loro mani le redini della propria vita.
“La tecnologia in se è solo uno strumento, non è né buona né cattiva, è l'uso che se ne fa che la rende tale” (Asimov).